La collana di turchesi

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LA COLLANA DI TURCHESI

(Bruno Ferrero)

Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.

Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno di quegli oggetti esposti. Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
"E' per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?".

Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: "Quanti soldi hai?".

Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.

"Bastano?" disse con orgoglio. "Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c'è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi".

L'uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l'astuccio.
"Prendilo" disse alla bambina. "Portalo con attenzione".

La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.

Un'ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò:
"Questa collana è stata comprata qui?".
"Si, signorina".
"E quanto è costata?"

"I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me".

"Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!".

Il gioielliere prese l'astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.

"Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva".

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Gli abeti

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abeti

GLI ABETI

(Bruno Ferrero)

Una pigna gonfia e matura si staccò da un ramo di abete e rotolò giù per il costone della montagna, rimbalzò su una roccia sporgente e finì con un tonfo in un avvallamento umido e ben esposto. Una manciata di semi venne sbalzata fuori dal suo comodo alloggio e si sparse sul terreno.
"Urrà!" gridarono i semi all'unisono. "Il momento è venuto!"

Cominciarono con entusiasmo ad annidarsi nel terreno, ma scoprirono ben presto che l'essere in tanti provocava qualche difficoltà.
"Fatti un po' più in là, per favore!".
"Attento! Mi hai messo il germoglio in un occhio!".

E così via. Comunque, urtandosi e sgomitando, tutti i semi si trovarono un posticino per germogliare.
Tutti meno uno.

Un seme bello e robusto dichiarò chiaramente le sue intenzioni: "Mi sembrate un branco di inetti! Pigiati come siete, vi rubate il terreno l'un con l'altro e crescerete rachitici e stentati. Non voglio avere niente a che fare con voi. Da solo potrò diventare un albero grande, nobile e imponente. Da solo!".

Con l'aiuto della pioggia e del vento, il seme riuscì ad allontanarsi dai suoi fratelli e piantò le radici, solitario, sul crinale della montagna.

Dopo qualche stagione, grazie alla neve, alla pioggia e al sole divenne un magnifico giovane abete che dominava la valletta in cui i suoi fratelli erano invece diventati un bel bosco che offriva ombra e fresco riposo ai viandanti e agli animali della montagna.
Anche se i problemi non mancavano.
"Stai fermo con quei rami! Mi fai cadere gli aghi".
"Mi rubi il sole! Fatti più in là…".
"La smetti di scompigliarmi la chioma?".

L'abete solitario li guardava ironico e superbo. Lui aveva tutto il sole e lo spazio che desiderava.

Ma una notte di fine agosto, le stelle e la luna sparirono sotto una cavalcata di nuvoloni minacciosi. Sibillando e turbinando il vento scaricò una serie di raffiche sempre più violente, finché devastante sulla montagna si abbattè la bufera.

Gli abeti nel bosco si strinsero l'un l'altro, tremando, ma proteggendosi e sostenendosi a vicenda.

Quando la tempesta si placò, gli abeti erano estenuati per la lunga lotta, ma erano salvi.

Del superbo abete solitario non restava che un mozzicone scheggiato e malinconico sul crinale della montagna.

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Non importa

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NON IMPORTA

(Madre Teresa di Calcutta)

L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico non importa… AMALO. 
Se fai il bene, diranno che lo fai per secondi fini egoistici non importa… FAI IL BENE. 
Se realizzi i tuoi obiettivi, incontrerai chi ti ostacola non importa… REALIZZA.
Il bene che fai, forse domani verrà dimenticato non importa… FAI IL BENE.
L'onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile non importa… SII ONESTO E SINCERO.
Quello che hai costruito può essere distrutto non importa… COSTRUISCILO.
La gente che hai aiutato, forse non te ne sarà grata non importa… AIUTALA.
Dà al mondo il meglio di te, e forse sarai preso a pedate non importa… DA' IL MEGLIO DI TE.

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Il libro

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il libro

IL LIBRO

Bruno Ferrero

Un giovane rampollo di una famiglia agiata era arrivato alla vigilia della laurea. Tra i parenti e i conoscenti c'era l'abitudine, da parte dei genitori, di regalare un'automobile al neo laureato.
Il giovane e il padre visitarono perciò i migliori autosaloni della città e alla fine trovarono l'auto perfetta.
Il giovane era sicuro di trovarla, scintillante e con il serbatoio pieno, davanti alla porta di casa il giorno della sospirata laurea.
Enorme fu la sua delusione, quando, il giorno fatidico, il padre gli venne incontro sorridendo, ma… con un libro in mano. Una Bibbia.
Il giovane scagliò via rabbiosamente il libro e da quel giorno non rivolse più la parola al padre. Dopo qualche mese trovò un lavoro in una città lontana.
Lo riportò a casa la notizia della morte del padre.
La notte del funerale, mentre rovistava tra le carte della scrivania del padre trovò la Bibbia che il padre gli aveva regalato.
In preda ad un vago rimorso, soffiò via la polvere che si era posata sulla copertina dei libro e lo aprì. Scoprì tra le pagine un assegno, datato il giorno della sua laurea e con l'importo esatto dell'automobile che aveva scelto.

Un libro sigillato, inutile e polveroso per molti. Eppure tra le sue pagine è celato ciò che da sempre desideriamo.

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Il cielo dell’anima

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cielo

IL CIELO DELL'ANIMA

Un uomo aveva sempre il cielo dell'anima coperto di nere nubi. Era incapace di credere alla bontà, all'amore, alla solidarietà, ma soprattutto non credeva alla bontà e all'amore di Dio.

Un giorno, mentre era sulle colline che attorniavano il suo villaggio, sempre tormentato dai suoi scuri dubbi, incontrò un pastore. Il pastore era un brav'uomo, dagli occhi limpidi. Si accorse che lo sconosciuto aveva l'aria particolarmente disperata e gli chiese:

"Che cosa ti turba tanto amico ?". "Mi sento immensamente solo", rispose l'uomo.

"Anch'io sono solo, eppure non sono triste", disse il pastore. "Forse perché Dio ti fa compagnia?", chiese.

"Hai indovinato !" rispose. 

"Io invece non ho la compagnia di Dio. Non riesco a credere al suo amore. Com'è possibile che ami gli uomini, uno per uno ? Com'è possibile che ami me?"

"Vedi laggiù il nostro villaggio?" gli chiese il pastore. "Vedi anche le case e le finestre di ogni casa?"

"Vedo tutto questo", rispose.

"Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola, la più nascosta, ogni giorno viene baciata dal sole, nell'arco della giornata".

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Il barilotto

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barilotto

IL BARILOTTO

(Bruno Ferrero)

C'era una volta un cavaliere che aveva valorosamente combattuto in tutti gli angoli del Regno. Finché un giorno, durante una scaramuccia, un colpo di balestra gli aveva trapassato una gamba e quasi messo fine ai suoi giorni.
Mentre giaceva ferito, il cavaliere aveva intravisto il paradiso, ma molto lontano e fuori della sua portata. Mentre l'inferno con la gola spalancata e infuocata era vicino vicino. Aveva da tempo infatti calpestato tutte le promesse e le regole della cavalleria e si era trasformato in un soldataccio impenitente, che ammazzava senza rimorsi il suo prossimo, razziava e commetteva ogni sorta di violenze.
Pieno di spavento salutare, gettò elmo, spada e armatura e si diresse a piedi verso la caverna di un santo eremita.
"Padre mio, vorrei ricevere il perdono delle mie colpe, perché nutro una gran paura per la salvezza dell'anima mia. Farò qualunque penitenza. Non ho paura di niente, io!".
"Bene, figliolo", rispose l'eremita. "Fa' soltanto una cosa: vammi a riempire d'acqua questo barilotto e poi riportamelo".
"Ufff! E' una penitenza da bambini o da donnette!", sbraitò il cavaliere agitando un pugno minaccioso. Ma la visione del diavolo sghignazzante lo ammorbidì subito.
Prese il barilotto sotto braccio e brontolando si diresse al fiume.
Immerse il barilotto nell'acqua, ma quello rifiutò di riempirsi.
"E' un sortilegio magico", ruggì il penitente. "Ma ora vedremo".
Si diresse verso una sorgente: il barilotto rimase ostinatamente vuoto. Furibondo, si precipitò al pozzo del villaggio. Fatica sprecata!
Un anno dopo, il vecchio eremita vide arrivare un povero straccione dai piedi sanguinanti e con un barilotto vuoto sotto il braccio.
"Padre mio", disse il cavaliere (era proprio lui) con voce bassa e addolorata, "ho girato tutti i fiumi e le fonti del Regno. Non ho potuto riempire il barilotto… Ora so che i miei peccati non saranno perdonati. Sarò dannato per l'eternità! Ah, i miei peccati, i miei peccati così pesanti… Troppo tardi mi sono pentito".
Le lacrime scorrevano sul suo volto scavato. Una lacrima piccola piccola scivolando sulla folta barba finì nel barilotto. Di colpo il bariotto si riempì fino all'orlo dell'acqua più pura, fresca e buona che mai si fosse vista.
Una sola piccola lacrima di pentimento.

Appena arrivato in Paradiso, un santo ebbe in premio una corona d'oro. Felice del suo splendente distintivo cominciò a passeggiare per le incantevoli vie del cielo e si accorse, con un po' di sorpresa, che la maggioranza degli altri santi portava corone tempestate di gioielli e pietre preziose.
Con un filo di delusione nella voce, domandò: "Perché la mia corona non ha neanche un gioiello?".
Un angelo rispose: "Perché tu non ne hai guadagnato nessuno. I gioielli sono le lacrime che i santi hanno versato sulla terra. Tu non hai mai pianto".
"E come potevo piangere", chiese il santo, "dal momento che ero così felice nell'amore di Dio?".
"Questa è una grandissima cosa", disse l'angelo. "E difatti la tua corona è d'oro. Ma le pietre preziose toccano solo a quelli che hanno pianto".

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Ciò che Dio vuole è per il meglio

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dio

CIO' CHE DIO VUOLE E' PER IL MEGLIO

Un re del tempo antico aveva un ministro molto saggio che, qualunque cosa accadesse, sentenziava:" Ciò che Dio vuole è per il meglio!" Questa esclamazione non sempre riscuoteva l'approvazione del re che non aveva la stessa fede in Dio del suo saggio ministro. Una volta il re rimase ferito in battaglia e anche in quell'occasione il ministro sentenziò, come sempre:" Ciò che Dio vuole è per il meglio!"

Questa volta il re andò su tutte le furie: come osava il ministro dire una cosa di questo genere, che cosa ci poteva mai essere di buono per lui nell'esser stato ferito? 

E così fece imprigionare il ministro che accettò senza batter ciglio quell'ingiusta punizione con la solita esclamazione: "Ciò che Dio vuole è per il meglio!".

Vinta la guerra il re tornò al suo passatempo preferito: la caccia. Proprio durante una battuta di caccia, mentre cavalcava nella foresta, alquanto lontano dal suo seguito, il re fu improvvisamente circondato da una banda di briganti, adoratori della dea Kalì, alla quale essi solevano offrire ogni anno un sacrificio umano. 

Destino volle che questa volta la vittima designata fosse il re stesso, che fu incatenato e portato nel tempio. Ma la vittima sacrificale deve essere fisicamente perfetta e non presentare menomazioni di sorta, perciò quando il sacerdote di Kalì si accorse della ferita del re, decretò che questi non era adatto a essere sacrificato e lo lasciò tornare libero al suo palazzo: quella ferita gli aveva salvato la vita! 

Il re si rese conto che il ministro aveva avuto ragione e lo fece immediatamente liberare e reintegrare nella sua carica. Quando il ministro fu alla sua presenza, il re gli raccontò l'accaduto e aggiunse:" La mia ferita è stata davvero per il meglio, perché grazie a essa sono sfuggito alla morte, ma che cosa ne hai guadagnato tu, che sei rimasto rinchiuso in prigione?". Il ministro rispose: "Maestà, se non fossi stato in prigione, sarei stato accanto a voi nella foresta; i banditi avrebbero catturato anche me e, dal momento che il mio corpo è intatto, avrebbero sacrificato me al vostro posto". 

Il re ammirò la saggezza del suo ministro e da allora lo tenne nella più alta considerazione.

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Il latte di Dio

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latte di dio

IL LATTE DI DIO

Un giorno, quando camminava nel deserto, 
Mosè incontrò un pastore
Passò tutta la giornata con lui 
e l'aiutò a mungere le pecore
All'imbrunire, Mosè vide il pastore che versava un po' del latte migliore 
in una scodella che poi depose su una pietra, 
poco distante dalla capanna dove si trovavano
Mosè domandò a che cosa servisse quel latte 
e il pastore rispose: 
"È il latte di Dio"
Incuriosito, Mosè gli chiese di spiegarsi
Il pastore gli disse: 
"Metto sempre da parte il latte migliore e lo offro a Dio"
Mosè sentì il bisogno di correggere la fede ingenua del pastore
e insistette: 
"E Dio lo beve?"
"Certo!" 
rispose il pastore
Mosè cominciò a spiegare che Dio è puro spirito 
e quindi non può bere latte
Il pastore non gli credeva 
e Mosè gli suggerì di nascondersi dietro un cespuglio 
per vedere se Dio sarebbe veramente venuto a bere il suo latte
Il pastore si nascose appena scese la notte
Al chiarore della luna, 
vide un volpacchiotto arrivare dal deserto trotterellando
Dopo aver guardato a destra e a sinistra, 
l'animale si buttò sul latte che lappò golosamente
Poi sparì di nuovo nel deserto
Il giorno dopo, Mosè vide il pastore triste
"Qualcosa non va?" 
gli chiese
"Avevi ragione tu" 
gemette
"Dio è un puro spirito e non vuole il mio latte!"
Sbalordito, Mosè esclamò: 
"Dovresti essere contento. 
Adesso sai qualcosa di più su Dio rispetto a qualche giorno fa"
"Sì"
ammise il pastore
"Ma la sola cosa che avevo per mostrargli il mio amore 
mi è stata tolta"
Mosè comprese 
Si ritirò in solitudine e cominciò a pregare con tutte le sue forze
Nel corso della notte, 
Dio gli apparve e gli disse:
"Mosè, hai sbagliato
È vero che sono puro Spirito, 
ma accettavo con piacere il latte offerto dal pastore, 
in segno del suo amore; 
però, dal momento che non avevo bisogno del suo latte, 
lo dividevo con quel volpacchiotto che ne è goloso"

Ci sono uomini che si credono molto sapienti 
e deridono la fede dei semplici e delle "vecchiette"
Dobbiamo ricordare sempre la gioiosa preghiera di Gesù:
"Ti ringrazio, Padre, Signore del Cielo e della terra
Ti ringrazio perché hai nascosto queste cose ai grandi e ai sapienti
e le hai fatte conoscere ai piccoli. 
Si, Padre, così tu hai voluto"

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Quello di cui avevo bisogno

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perché pregare

QUELLO DI CUI AVEVO BISOGNO

Chiesi la forza, e Dio mi ha dato le difficoltà per farmi forte. Chiesi la sapienza, e Dio mi ha dato problemi da risolvere. Chiesi la prosperità, e Dio mi ha dato cervello e muscoli per lavorare. Chiesi di poter volare, e Dio mi ha dato ostacoli da superare.

Chiesi l’amore, e Dio mi ha dato persone con problemi da poter aiutare. Chiesi favori, e Dio mi ha dato opportunità.

Non ho ricevuto niente di quello che chiesi…

Però ho ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno.

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Una vita solitaria

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vita solitaria

UNA VITA SOLITARIA

Figlio di una ragazza madre, era nato in un oscuro villaggio. Crebbe in un altro villaggio, dove lavorò come falegname fìno a trent'anni. Poi, per tre annì, girò la sua terra predicando.


Non scrisse mai un libro.


Non ottenne mai una carica pubblica.


Non ebbe mai né una famiglìa né una casa.


Non frequentò l'università.


Non si allontanò più di trecento chilometri da dov'era nato.


Non fece nessuna di quelle cose che di solito si associano al successo.


Non aveva altre credenziali che se stesso.


Aveva solo trentatré anni quando l'opinione pubblica gli si rivoltò contro. I suoi amici fuggirono. Fu venduto ai suoi nemici e subì un processo che era una farsa. Fu inchiodato a una croce, in mezzo a due ladri.


Mentre stava morendo, i suoi carnefici si giocavano a dadi le sue vesti, che erano l'unica proprietà che avesse in terra. Quando morì venne deposto in un sepolcro messo a disposizione da un amico mosso a pietà.


Due giorni dopo, quel sepolcro era vuoto.


Sono trascorsi venti secoli e oggi Egli è la figura centrale nella storia dell'umanità.


Neppure gli eserciti che hanno marciato, le flotte che sono salpate, i parlamenti che si sono riuniti, i re che hanno regnato, i pensatori e gli scienziati messi tutti assieme, hanno cambiato la vita dell'uomo sulla terra quanto quest'unica vita solitaria.

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