I due sacchi

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I DUE SACCHI

Una antica leggenda ci parla di tre uomini che viaggiavano sempre con due sacchi appresso, uno davanti e uno dietro sulle spalle. Quando fu chiesto al primo uomo cosa trasportasse nei suoi sacchi, rispose: “Tutto il bene che mi hanno fatto i miei amici è riposto nel sacco posteriore e quindi con facilità me ne dimentico. Il sacco anteriore contiene solo cose sgradevoli e, portandolo avanti, mi fermo spesso a pensare ad esse lungo il cammino, riuscendo a malapena ad avanzare“.

Il secondo uomo, quando gli formularono la stessa domanda, rispose in questo modo: “Nel sacco anteriore ci sono tutte le mie buone azioni così che io possa esibirle continuamente alle altre persone. In quello posteriore tengo invece rinchiusi i miei numerosi errori. Dato il loro numero e la loro gravità, non mi permettono di camminare velocemente, però non posso staccarmi da essi“.

Per ultimo, il terzo uomo, di fronte alla stessa domanda, rispose: “Il sacco davanti è pieno dei pensieri migliori e dei gesti più gentili ed amorevoli che ho ricevuto dalle persone. E’ grande, ma pesa pochissimo. Quello che invece porto sulle spalle è vuoto in quanto gli ho praticato un foro alla base dal quale fuoriesce tutto il male che ho ricevuto dagli altri o i pensieri cattivi che ho avuto. Tutto ciò è perduto per sempre e ora non c’è peso che renda difficile la mia strada“.

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La preghiera dell’alfabeto

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LA PREGHIERA DELL’ALFABETO

Un contadino povero, nel rincasare la sera tardi dal campo, si accorse di non avere con sé il suo libro di preghiere. Al suo carro si era staccata una ruota in mezzo al bosco ed egli era angustiato al pensiero che la giornata finisse senza aver recitato le preghiere.

Allora pregò in questo modo: «Ho commesso una grave sciocchezza, Signore. Sono partito di casa questa mattina senza il mio libro di preghiere e ho così poca memoria che senza di esso non riesco a formulare neppure un’orazione. Ma ecco che cosa farò: reciterò molto lentamente tutto l’alfabeto cinque volte e tu, che conosci ogni preghiera, potrai mettere insieme le lettere in modo da formare le preghiere che non riesco a ricordare».

Disse allora il Signore ai suoi angeli: «Di tutte le preghiere che oggi ho sentito, questa è senz’altro la più bella, perché è nata da un cuore semplice e sincero».

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Il negozio di Dio

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IL NEGOZIO DI DIO

Un giorno Dio decise di aprire anche Lui un negozio sulla terra. Chiamò l’Angelo più bello e più gentile e gli disse: “Tu sarai il mio commesso. Ti metterai dietro il banco e venderai i Miei Prodotti”. Non appena si sparse la notizia dell’apertura del “Negozio di Dio”, tutti corsero per gli acquisti. “Che cosa vendi, Angelo bello?” – domandò il primo arrivato. “Ogni ben di Dio!”. “E fai pagare caro?”. “Oh, no! I Doni di Dio sono tutti gratuiti!”. Il cliente, stupefatto, non sapeva darsi una spiegazione. Contemplava, meravigliato, il grande scaffale con “anfore d’amore”, “pacchi di speranza”, “scatole di pace”, “flaconi di gioia”… Si fece coraggio e, poiché aveva un immenso bisogno di tutta quella mercanzia, disse all’Angelo: “Dammi un po’ di ‘Perdono’ – un po’ ‘d’Amor di Dio’ – un ‘cartoccio di Felicità’ – un ‘vasetto di pazienza’ – una ‘mestola di Umiltà’ – un ‘barile di Coraggio e Speranza’ quanto basta!”. L’Angelo, gentile, si mette immediatamente a preparare tutta quella merce. Dopo un po’, ritorna al bancone con un pacco piccolissimo. Il cliente non può fare a meno di esclamare: “Possibile? Tutto qui?”. L’Angelo, con voce solenne, gli spiega: “Eh, sì, mio caro: nella Bottega di Dio non si vendono ‘frutti maturi’, bensì soltanto piccoli semi da coltivare!”.

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La pozzanghera

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LA POZZANGHERA

Bruno Ferrero

C'era una volta una piccola pozzanghera. Era felice di esistere e si divertiva maliziosamente quando schizzava qualcuno con l'aiuto di un'automobile. Aveva paura solo di una cosa: del sole. "E' la morte delle pozzanghere" pensava rabbrividendo. Un poeta che camminava con la testa sognante finì dentro alla pozzanghera con tutti e due i piedi, ma invece di arrabbiarsi fece amicizia con lei. "Buongiorno" disse, e la pozzanghera rispose: "Buongiorno!". "Come sei arrivata quaggiù?" chiese il poeta. Invece di rispondere la pozzanghera raccolse tutte le sue forze e rispecchiò la volta celeste. Parlarono a lungo del Grande Padre, la pioggia, e del fatto che la pozzanghera aveva tanta paura del sole. Il buon poeta volle farle passare quella paura. Le parlò dell'incredibile vastità del mare, del guizzare dei pesci e della gioia delle onde. Le raccontò anche che il mare era la patria e la madre di tutte le pozzanghere del mondo e che la vita della terra e del mare era dovuta al sole. Anche la vita delle pozzanghere. La sera abbracciò il poeta e la pozzanghera ancora assorti nel loro muto dialogo. Alcuni giorni dopo, il poeta tornò dalla sua umida amica. La trovò che danzava nell'aria alla calda luce del sole. La pozzanghera spiegò: "Grazie a te ho capito. Quando il sole mi ha avvolto con la sua tenerezza, non ho più avuto paura. Mi sono lasciata prendere e ora parto sulle rotte delle oche selvatiche che mi indicano la via verso il mare. Arrivederci e non mi dimenticare".

Un pezzo di carbone si sentiva sporco, brutto e inutile. Decise di diventare bianco e levigato. Provò diversi prodotti chimici e varie operazioni chirurgiche. Niente da fare. "C'è soltanto il fuoco" gli dissero. Il pezzo di carbone si buttò nel fuoco. Divenne una creatura luminosa, splendente, calda, irradiante, magnifica. "Ti stai consumando" gli dissero. "Ma dono luce e calore" rispose il pezzo di carbone, finalmente felice.

Lasciati prendere dal sole e dal fuoco dello Spirito. Splenderai come un astro del cielo sulle rotte dell'infinito.

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Pagato in pieno

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PAGATO IN PIENO

Dopo aver vissuto una vita “decente”, il mio tempo sulla terra giunse alla fine.

La prima cosa che ricordo è che stavo seduto su una sedia nella sala d’aspetto di ciò che pensai fosse un’aula di tribunale. Le porte si aprirono e mi comandarono di entrare e di prendere posto al tavolo della difesa. Mentre mi guardavo attorno, vidi l'accusatore, era un malvagio dall'aspetto angelico, il quale ringhiava mentre mi fissava. Sinceramente era la persona più malvagia che avessi mai visto. Mi sedetti e guardai alla mia sinistra, lì c’era il mio avvocato, una persona dall'aspetto gentile e amorevole; mi era molto familiare.

La porta all'angolo si aprì e apparve il giudice, vestito di una tunica lunga, il quale emanava una meravigliosa presenza, mentre camminava verso il suo posto, tanto che non potevo fare a meno di guardarlo.

Quindi disse: "Cominciamo".

L'accusatore cominciò e disse: "Il mio nome è Satana e sono qui per mostrarvi perché quest’uomo appartiene all’Inferno". Continuò mettendo in luce le bugie che dissi, le cose che rubai e quando nel passato tradii il prossimo e altre terribili perversioni, che sono state parte della mia vita e, più lui parlava, più mi sentivo sprofondare giù. Ero così imbarazzato che non riuscivo a guardare nessuno, nemmeno il mio avvocato.

Il diavolo parlava di peccati che avevo completamente dimenticato; ero talmente sconvolto all'udire tutte queste cose che Satana stava dicendo, ma lo ero anche perché il mio avvocato stava seduto in silenzio, senza offrire nessuna forma di difesa.

Sapevo di essere colpevole di quelle cose, ma avevo fatto anche delle cose buone durante la mia vita, non avrebbero potuto esse alla fine riparare i danni che avevo causato?

Satana concluse con forza dicendo: “Quest'uomo appartiene all’Inferno, egli è colpevole di tutto ciò che ho appena detto e nessuno può provare il contrario!”.

Quando fu il suo turno, il mio avvocato prima di tutto chiese se si poteva avvicinare al giudice e gli fu concesso, nonostante la forte obiezione di Satana, ma il giudice gli disse di farsi avanti. Quando si alzò e cominciò a camminare, sono stato in grado di vederlo nel suo pieno splendore e maestà.

Capii perché mi sembrava così familiare. Gesù, era il mio Avvocato, il mio Signore, il mio Salvatore.

Egli si fermò davanti al giudice e dolcemente gli disse: “Ciao, Padre!”.

Quindi si rivolse alla corte: “Satana ha detto bene dicendo che quest’uomo ha peccato, non negherò nulla di ciò che ha detto, ed è vero che la pena per il peccato è la morte e quest'uomo merita di essere punito”. Gesù fece un profondo respiro e si rivolse al Padre suo con le braccia aperte dicendo: “In ogni modo, sono morto sulla croce così che questa persona potesse ottenere la vita eterna e lui mi accettò come suo Salvatore, così che lui è mio!”.

Il mio Signore continuò dicendo: “Il suo nome è scritto nel libro della vita e nessuno può strapparmelo. Satana ancora non l’ha capito del tutto”.

“Quest'uomo non deve essere consegnato alla giustizia, ma alla misericordia”.

Quindi, Gesù riprese il suo posto e tranquillamente fece una pausa guardando suo Padre, poi continuò: “Non c'è altro che è necessario fare. Ho già fatto ogni cosa”.

Il Giudice alzò le Sue potenti mani e diede la sentenza.

Le seguenti parole uscirono dalle Sue labbra: “Quest'uomo è libero. La pena per lui è stata pagata in pieno, il caso è chiuso!”.

Mentre il mio Signore mi guidava fuori, potei sentire Satana infuriato gridare: “Non mi scoraggio, vincerò sul prossimo!”.

Quindi, rivolgendomi a Gesù con gratitudine gli chiesi: “Hai mai perso una causa?”.

Cristo mi sorrise amorevolmente e mi rispose: “Tutti coloro che vengono a me e mi chiedono di rappresentarli, ricevono lo stesso verdetto: “Pagato in pieno”.

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La strategia dell’asino

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LA STRATEGIA DELL'ASINO

C'erano una volta un uomo anziano e un vecchio asino.

Un giorno, l'asino cadde in un pozzo ormai esaurito, ma profondo. Il povero animale ragliò tutto il giorno e l'uomo cercò di pensare a come tirarlo fuori dal pozzo. Alla fine, però, pensò che l'asino era molto vecchio, debole, senza contare che da tempo aveva deciso di riempire di terra il pozzo che era ormai prosciugato.

Decise di seppellire là il suo vecchio asino. Chiese a diversi vicini di aiutarlo; tutti presero una pala e cominciarono a gettare terra nel pozzo. L'asino si mise a ragliare con tutta la forza che aveva. Dopo un po', però, tra lo stupore generale, dal pozzo non venne più alcun suono.

Il padrone dell'asino guardò nel pozzo, credendo che l'asino fosse morto, ma vide uno spettacolo incredibile: tutte le volte in cui veniva gettata una palata di terra nel pozzo, l'asino la schiacciava con gli zoccoli. Il suo padrone e i vicini continuarono a gettare terra nel pozzo e l'asino continuò a schiacciarla, formando un mucchio sempre più alto, finché riuscì a saltare fuori.

Una scimmia da un albero gettò una noce di cocco in testa ad un saggio. L'uomo la raccolse, ne bevve il latte, mangiò la polpa, e con il guscio si fece una ciotola

La vita non smetterà mai di gettarci addosso palate di terra o noci di cocco, ma noi riuscíremo a uscire dal pozzo, se ogni volta reagiremo. Ogni problema ci offre l'opportunità di compiere un passo avanti. Ogni problema ha una soluzione, se non ci diamo per vinti.

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La lettera

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LA LETTERA

Questa lettera fu trovata dall'infermiera dell'ospedale sotto il cuscino di un giovane appena deceduto.

"Cara mamma, da alcuni giorni riesco a stare seduto sul letto solo per mezz'ora e per il resto della giornata sono immobilizzato. Il cuore non vuole più battere. Stamattina presto, il professore ha detto qualcosa che suonava come 'essere pronto'. Per che cosa? Certo è difficile morire giovani! Devo essere pronto al fatto che all'inizio della settimana sarò un trapassato: e non sono pronto. I dolori scavano in modo quasi insopportabile, ma ciò che mi sembra davvero insopportabile è che non sono pronto.

La cosa peggiore è che, quando guardo il cielo, è buio. Diventa notte, ma non brilla sopra di me nessuna stella nella quale io possa immergere lo sguardo. Mamma, non ho mai pensato a Dio, ma ora sento che esiste ancora qualcosa che non conosciamo, qualcosa di misterioso, un potere nelle cui mani cadiamo, al quale dobbiamo dare delle risposte. E la mia pena è che non so chi è.

Se solo lo conoscessi! Mamma, ricordi come tu, con noi bambini, camminavi nel bosco, nell'oscurità che stava calando, incontro al papà che tornava dal lavoro?

A volte ti correvamo davanti e ci vedevamo improvvisamente soli. Avanzavano dei passi nell'oscuritá: che paura dei passi sconosciuti! Che gioia quando riconoscevamo che quel passo era quello del papà che ci amava. E ora, nella solitudine, sento ancora dei passi che non conosco. Perche non li conosco?

Mi hai detto come mi devo vestire e come mi devo comportare nella vita, come mangiare, come cavarmela. Ti sei occupata di me e non ti sei stancata di tutta questa preoccupazione.

Ricordo che tu, la notte di Natale, andavi a Messa con i tuoi bambini. Mi ricordo anche della preghiera della sera che qualche volta mi suggerivi. Ci hai sempre indirizzati all'onestà. Ma tutto questo ora per me si scioglie come neve al sole. Perché ci hai parlato di tante cose e non ci hai detto nulla di Gesù Cristo? Perché non mi hai fatto conoscere il suono dei suoi passi, in modo che fossi in grado di accorgermi se è lui che viene da me in quest'ultima notte e nella solitudine della morte? In modo che io sapessi se quello che mi aspetta è un Padre! Come potrei morire in modo diverso…".

"Caro Dio, perché non hai salvato la piccola bambina uccisa nella sua classe?

Distinti saluti, uno studente preoccupato…".

La risposta: "Caro Studente Preoccupato, nelle scuole non mi è permesso entrare. Distinti saluti, Dio".

"Vietato l'ingresso ai cani e a Dio" è il cartello più diffuso oggi.

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Cicatrici

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cicatrici

CICATRICI

In un caldo giorno d'estate, nel sud della Florida, un bambino decise di andare a nuotare nella laguna dietro casa sua. Uscì dalla porta posteriore correndo e si gettò in acqua nuotando felice. Sua madre lo guardava dalla casa attraverso la finestra e vide con orrore quello che stava succedendo. Corse subito verso suo figlio gridando più forte che poteva. Sentendola, il bambino si allarmò e nuotò verso sua madre, ma era ormai troppo tardi. La mamma afferrò il bambino per le braccia, proprio quando il caimano gli afferrava le gambe. La donna tirava determinata, con tutta la forza del suo cuore. Il coccodrillo era più forte, ma la mamma era molto più determinata e il suo amore non l'abbandonava.

Un uomo sentì le grida, si precipitò sul posto con una pistola e uccise il coccodrillo. Il bimbo si salvò e, anche se le sue gambe erano ferite gravemente, poté di nuovo camminare.

Quando uscì dal trauma, un giornalista domandò al bambino se voleva mostrargli le cicatrici sulle sue gambe. Il bimbo sollevò la coperta e gliele fece vedere. Poi, con grande orgoglio si rimboccò le maniche e disse: "Ma quelle che deve vedere sono queste!".

Erano i segni delle unghie di sua madre che l'avevano stretto con forza.

"Le ho, perché la mamma non mi ha lasciato e mi ha salvato la vita".

Anche noi abbiamo cicatrici di un passato doloroso. Alcune sono causate dai nostri peccati, ma altre sono le impronte di Dio quando ci ha sostenuto con forza per non farci cadere fra gli artigli del male.

Ricorda che se qualche volta la tua anima ha sofferto… è perché Dio ti ha afferrato troppo forte affinché non cadessi!

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Il miracolo

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perché pregare

IL MIRACOLO

Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l’amore può fare meraviglie.

Il suo fratellino era destinato a morire per un tumore al cervello. I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi.

Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: “Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo”.

La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito. Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina. Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete.

"Per cos’è? Che cosa vuoi piccola?".

"È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo".

"Che cosa dici?" borbottò il farmacista.

"Si chiama Andrea, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c’è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo".

Il farmacista accennò un sorriso triste. "Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli".

"Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?".

C’era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall’aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione. Il farmacista allargò le braccia mortificato. La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine.

L’uomo si avvicinò a lei. "Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?".

"Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa… È per il mio fratellino Andrea che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un’operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho".

"Quanto hai?", le chiese l’uomo.

"Un dollaro e undici centesimi… Ma, sapete…" aggiunse con un filo di voce, "posso trovare ancora qualcosa…".

L’uomo sorrise: "Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!".

Con una mano raccolse la piccola somma e con l’altra prese dolcemente la manina della bambina. "Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo fratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno".

Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano. Quell’uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrea, che potè tornare a casa qualche settimana dopo, completamente guarito.

"Questa operazione", mormorò la mamma, "è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata…".

La sorellina sorrise senza dire niente. Lei sapeva quanto era costato il miracolo: un dollaro e undici centesimi… più, naturalmente, l’amore e la fede di una bambina.

"Se aveste almeno una fede piccola come un granello di senape, potreste dire a questo monte: Spostati da qui a là e il monte si sposterà. Niente sarà impossibile per voi". (Matteo 17,20).

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Chiodi

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chiodi

CHIODI

C’era una volta un ragazzo dal carattere molto difficile. Si accendeva facilmente, era rissoso e attaccabrighe.

Un giorno, suo padre gli consegnò un sacchetto di chiodi, invitandolo a piantare un chiodo nella palizzata che recintava il loro cortile tutte le volte che si arrabbiava con qualcuno.

Il primo giorno, il ragazzo piantò trentotto chiodi.

Con il passare del tempo, comprese che era più facile controllare la sua ira che piantare chiodi e, parecchie settimane dopo, una sera, disse a suo padre che quel giorno non si era arrabbiato con nessuno.

Il padre gli disse: "È molto bello. Adesso togli dalla palizzata un chiodo per ogni giorno in cui non ti arrabbi con nessuno".

Dopo un po' di tempo, il ragazzo potè dire a suo padre che aveva tolto tutti i chiodi.

Il padre allora lo prese per mano, lo condusse alla palizzata e gli disse: "Figlio mio, questo è molto bello, però guarda: la palizzata è piena di buchi. Il legno non sarà mai più come prima. Quando dici qualcosa mentre sei in preda all'ira, provochi nelle persone a cui vuoi bene ferite simili a questi buchi. E per quante volte tu chieda scusa, le ferite rimangono".

Gli esseri umani sono fragili e vulnerabili. Tutti portano un'etichetta che dice: "Trattare con cura, maneggiare con cautela, merce delicata".

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