Forse qualcuno non la conosce quella storiella del “Funerale della Parrocchia”…
Un parroco, stanco di veder cadere nel vuoto i suoi reiterati appelli ai parrocchiani a partecipare alla vita parrocchiale, un giorno fece affiggere in paese numerosi manifesti con l’annuncio:
“È mancata all’affetto del suoi cari la PARROCCHIA: tutti i fedeli cristiani sono invitati a rendere omaggio in chiesa alla sua salma, ed a partecipare al suo funerale che si terrà il tal giorno, alla tal ora, nella Chiesa parrocchiale”.
È comprensibile lo scompiglio che si creò in paese, e l’attesa, per cercare di capire che cosa era effettivamente successo. Il giorno fissato, il parroco pose nel mezzo della Chiesa una bara, senza coperchio, aperta …
Si formò subito una coda di parrocchiani che, pazientemente, attendevano il loro turno per passare davanti alla cassa da morto e vedere che cosa contenesse.
La gente si avvicinava un po’ sorpresa, meravigliata: si chinava oltre il bordo della cassa funebre, guardava attentamente il viso di quella persona … e se ne andava via, pensierosa.
Sul fondo della cassa aveva visto il suo proprio volto, riflesso in uno specchio.
Riflettevo …
Una parrocchia può morire:
– se il parroco non la “genera” continuamente con la sua fede. Il suo fiato. II suo cuore.
– se la gente la “usa” come una “stazione di rifornimento” (“Scusi, mi fa il pieno”? ”Mi pulisce il parabrezza”? ”Per favore, sono un po’ a terra di gomme: mi ‘tira su’?”…)
– se la gente la frequenta come un supermercato: guarda le “offerte”, le confronta, sceglie solo quello che gli serve e lascia sullo scaffale tutto il resto.
La parrocchia vive
– se tu la vivi, se la servi, la generi, la patisci
– se la ami com’è, se la prendi per tutto quello che ti offre, se la senti tua
– se capisci che se manchi tu … lei soffre.